Per i miei viaggi usufruisco spesso, anche se non volentieri, dei servigi delle Ferrovie dello Stato. Le preferisco, tutto sommato, alle corriere che mi intrappolano in sedili troppo stretti senza corridoi in cui sgranchirsi le gambe.
Una delle costanti dei miei viaggi, come in quelli credo della maggior parte degli utenti dotati di un minimo di predisposizione ai contatti interpersonali, è quella di chiacchierare con i miei compagni di viaggio, raccogliendo spesso confidenze che in altre occasioni si avrebbe qualche remora anche a confessare ad amici di lunga data. Sarà la necessità di occupare le lunghe ore di viaggio, sarà la consapevolezza che la persona a cui si rivelano alcuni momenti della propria vita non la si rivedrà mai più, fatto sta che nove volte su dieci la lettura della rivista che mi porto come ausilio contro la noia del viaggio è messa da parte per chiacchierare di argomenti tra i più disparati, dall’aumento del prezzo di generi di prima e seconda necessità alla oramai proverbiale scomparsa delle mezze stagioni, dalla dettagliata esposizione di faide familiari a racconti di grottesche situazioni di vita vissuta che oscillano tra la tragedia greca ed il teatro dell’assurdo.
Anche l’ultimo viaggio non ha fatto eccezione; il treno non aveva fatto in tempo a prendere velocità che la signora con cui condividevo lo scompartimento, reso torrido dal sole battente, dopo un lungo sospiro, ha cominciato ad attaccare bottone senza minimamente preoccuparsi di chiedersi se la sua voglia di chiacchierare fosse almeno pari alla mia voglia di ascoltarla.
Dopo aver opposto ai suoi primi approcci una cortese indifferenza ho metaforicamente alzato bandiera bianca e mi sono rassegnata a rappresentare per l’ennesima volta un copione a me oramai noto. La signora, classica donna più o meno in carriera abbigliata con un tailleur grigio ravvivato da una camicetta di seta rosa, ha interpretato il mio riporre il rotocalco illustrato che stavo sfogliando come una resa incondizionata alla sua pressante azione chiacchiereccia ed ha colto l’occasione della rivista che stavo leggendo per partire in quarta:
“Ah signorina, legge anche lei ‘Oggi’?”
“Mah guardi signora, in verità no; è una copia che aveva la mia parrucchiera e me la sono fatta dare perché c’è un articolo che mi interessava…”
“Oh, io lo compro ogni settimana sa, è molto interessante, e poi c’è la rubrica della posta della signora Agnelli che è una delle mie preferite, sempre così precisa e opportuna.”
“Ah sì signora, è una rubrica che leggo anche io, ma spesso sorrido perché le domande mi sembrano a dir poco assurde e le risposte altrettanto. Peraltro sono convinta che le risposte pubblicate a suo nome la signora Agnelli manco le veda, e che gliele scriva qualcun altro”
Beh si, lo so, sono stata schietta al limite della sgarberia ma, amici miei, se la signora voleva chiacchierare era giusto che avesse il fatto suo, o no?
Fatto sta che la signora non colse (o fece finta di non cogliere…) la mia osservazione e continuò imperterrita.
“La signora Agnelli è davvero una donna di mondo, si vede che ha studiato e che ha vissuto, ha una risposta per tutti, tanto che anche io ho pensato di scriverle”.
Rimasi interdetta, e la signora interpretò il mio silenzio basito come una attesa di ulteriori ragguagli, che – come potete immaginare – non si fecero attendere.
“Si perché io ho un problema che non mi fa dormire la notte, ho una figlia che è sempre stata casa e Chiesa, tanto educata e gentile ma di colpo è diventata quasi irriconoscibile: minigonna, rossetto, orecchini e musica a tutto volume. Io a diciotto anni mica ero così e non capisco il motivo di questo cambiamento, ne ho parlato con il mio parroco e con le amiche del circolo che mi dicono che è normale, che i ragazzi d’oggi sono tutti così e che è una fase passeggera, ma io mica sono convinta. Lei cosa ne pensa?”
Ossignùr, mi mancava la mamma agitata che non riesce ad accettare che la sua bambina sta crescendo… che dovevo dirgli? Che è una normale fase della vita? Che il suo non accettare che la figlia sia diventata una donna è anche un non accettare che il tempo stia passando anche per lei? Dovevo unirmi per quieto vivere alle sue lamentazioni e dolermi delle pessime abitudini dei “giovani d’oggi”? Dirle scusi ma a me che mi frega di sua figlia che manco la conosco?… Non so, voi che avreste fatto?
In attesa della risposta, vi dico quello che ho fatto io… accidenti a me!
Ho cercato di spiegare alla signora – in maniera poco tecnica e molto all’acqua di rose, tipo come quando spiego a mia nonna come si usa il telecomando – che la fase adolescenziale è una tappa importante nella vita di una persona e che questa è segnata anche da una serie di cambiamenti fisici ed emotivi che si rispecchiano anche nel modo di presentarsi all’esterno. Un abbigliamento evidente, un trucco eccessivo, finanche risultati scolastici improvvisamente peggiorati possono essere interpretati come segnali di una richiesta di “visibilità”, un bisogno di attenzione, un desiderio di entrare nel mondo dei grandi o anche come un modo per concretizzare un malessere intimo. Che dipendeva insomma dalla persona, dal contesto…
Fino qui magari niente di diverso rispetto a quello che avrebbe risposto la signora Agnelli dalle pagine della rivista, magari in maniera più credibile rispetto alle parole di una sconosciuta compagna di scompartimento. Potevo fermarmi qui e invece no, ho voluto strafare, accidenti alla correttezza professionale! Così terminai la frase dicendo:
“Poi guardi signora, se la cosa la preoccupa parecchio o se vede che il comportamento di sua figlia le appare un po’ troppo “strano”, può rivolgersi ad una serie di strutture che offrono un supporto in casi come questi: assistenti sociali, consultori familiari e (sì, sì, l’ho proprio detto!) psicologi…”
Apriti cielo! Psicologi, avevo detto… PSICOLOGI!
La figlia, normale adolescente con i tratti tipici della sua età che però fino a qualche minuto prima la madre aveva descritto come una invasata satanista dedita a sacrifici umani e ad abominevoli pratiche contronatura, si trasformò di colpo in un giglio di campo, specchiato esempio di purezza d’animo.
“Ma no, cosa dice, uno psicologo, mia figlia non è mica pazza!”
In quel momento benedii me stessa per non averle svelato la mia identità di psicologa. Feci un sospiro profondo e le risposi educatamente: “Ci mancherebbe signora, non volevo certo dire questo, ma lo psicologo non serve per i pazzi, aiuta a comprendere alcuni meccanismi della mente e del comportamento nostro ed altrui, ed aiuta a gestirli al meglio.”
“Ma che mente e mente, vuol forse dire che mia figlia ha qualcosa che non va? Ma come si permette? Ma chi la conosce!”
Mi stavo davvero innervosendo, il mio sopracciglio sinistro si era già notevolmete sollevato ma rimavo silente, aspettandomi che da un momento all’altro puntassero le telecamere ed un omino che annunciasse: “Sorridi, sei su Candid Camera!”… Poichè non spuntava alcun bontempone da dietro le quinte e dato che avevo già contato abbondanteme oltre il numero 10, mi sentii in dovere di rispondere all’amabile mamma: “Guardi signora, io non voglio dire niente, men che meno su sua figlia che neppure conosco; se mi avesse detto di avere un problema al cuore le avrei detto di rivolgersi ad un cardiologo, se mi avesse detto di avere un problema di respirazione le avrei consigliato di interpretare uno pneumologo; di fronte ad un “problema” io penso sia meglio rivolgersi a chi ha studi ed esperienza nel campo. Poi se lei, per i suoi problemi con sua figlia, preferisce scomodare il parroco, le amiche del circolo o adirittura la signora Susanna Agnelli invece di rivolgersi ad un professionista, faccia pure. D’altronde sono fatti suoi, e le assicuro che il mondo andrà avanti lo stesso a prescindere che lei li risolva o meno.”
Detto ciò, le sorrisi asciuttamente e ripresi in mano la mia rivista, per rendere evidente che per me la cosa finiva li, e scesi dopo tre fermate, salutando la signora che mi ricambiò con uno sprezzante mutismo. Che permalosa!
Ora io mi chiedo: ma è mai possibile che ancora oggi la gente sia convinta che lo psicologo sia il medico dei pazzi?
Si lo so, la risposta è si… potevate anche fare a meno di rispondere.
Caro Angelo, a mio parere il fatto ssseto che una donna con la storia, la formazione e l’orientamento politico di Natalia Aspesi abbia scelto di pubblicare la nostra lettera e soprattutto di risponderci, e8 estremamente significativo. Vuol dire che lei stessa e8 consapevole che qualcosa nel femminismo e ancor pif9 nel mondo femminile nel suo complesso, sta scricchiolando. Non solo, anche se non puf2 ammetterlo esplicitamente, appare evidente dalle sue parole e ancor pif9 dalla sua scelta di darci spazio nella sua rubrica che, sia pure a denti stretti, non ritiene infondate per lo meno alcune delle nostre critiche. Anche se ovviamente la sua risposta e8 molto scontata, sostanzialmente “giustificazionista”, deresponsabilizzante per le donne e , diciamo la verite0, anche un po’ qualunquista (e questo secondo me non rende onore ad una donna come lei). E anche per queste ragioni molto debole.“Cosec fan tutti, tutti si vendono, tutti mettono sul mercato quel che hanno, perche9 non dovrebbero farlo anche le donne?” Questa sostanzialmente la sua risposta al tema della mercificazione sessuale di massa che noi poniamo come una delle grandi contraddizioni del “femminile” e del femminismo. Molto debole…Quasi da chi non ha altri argomenti da contrapporre. Lo affermo senza nessun problema.E non e8 tutto, perche9 in queste sue parole, se ci rifletti, c’e8 un’altra affermazione molto importante, anche se certo il suo intento era ben altro e non certo quello che sto per dirti.Non solo lei non nega il fenomeno della mercificazione sessuale (equivarrebbe a negare l’esistenza dell’acqua calda) ma soprattutto, e questo e8 il fatto veramente importante, afferma che le donne si mercificano consapevolmente, non certo perche9 obbligate. Sec, certo, lo fanno, secondo il suo punto di vista, perche9 il mercato e le sue leggi sono quelle che sono (e allora perche9 no? Non siamo mica delle sante, questo l’assioma…), ma la questione rimane in tutta la sua evidenza e contraddittoriete0 (di cui lei e8 pienamente consapevole perche9 e8 una donna intelligente) e non puf2 certo essere risolta in questo modo. Anche perche9 la Aspesi ricorda perfettamente quando il femminismo parlava di “specificite0 di genere”, di “diversite0”, e delle donne come unico soggetto di una possibile radicale trasformazione(proprio in virtf9 di quella specificite0 che le dovrebbe rendere diverse e migliori dagli uomini) della realte0. E non puf2 certo cavarsela cosec. E lei ne e8 consapevole. Ergo, anche se forse involontariamente, con quelle parole ha mandato a farsi benedire il cuore dell’impianto ideologico del femminismo, per lo meno quello della differenza.Nel finale chiude nel modo pif9 scontato con cui tutte le femministe da sempre rispondono a qualsiasi critica o argomentazione venga mossa nei confronti dell’universo femminile: la violenza, e in particolare quella sessuale, naturalmente a senso unico. Cioe8 a dire l’ultima spiaggia. L’arma nucleare, la bomba H. Chiuso ogni discorso. “Ma come? Le donne sono sottoposte a tutte le peggiori forme di violenza, stupri, vessazioni, omicidi ,molestie, la mano omicida degli uomini e8 la prima causa di morte per le donne (macroscopica menzogna che disveliamo con tanto di dati nell’articolo “La grande menzogna” sul nostro sito nello spazio “articoli”), e tu ti permetti anche di criticarle?”.Questa la litania che ogni uomo si e8 sentito ripetere sistematicamente non appena abbia solo osato avanzare delle critiche nei confronti del mondo femminile.In questo modo, quando non si hanno argomenti di nessun tipo, si chiude ogni confronto e si tappa la bocca agli uomini: la violenza, di cui gli uomini sono i soli e unici responsabili e di cui le donne sono sempre e solo vittime.Insomma, per quanto mi riguarda, quella della Aspesi e8 stata una bella arrampicata sugli specchi. Naturalmente, e8 bene essere corretti, aveva anche problemi di spazio. Se vorre0 approfondire, il nostro sito e8 a sua disposizione e saremo ben lieti di allacciare un confronto con lei. Fabrizio Fabrizio Marchi